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31/01/2017
di Programmatic-Italia

Voice First: una rivoluzione (anche) pubblicitaria

La tecnologia della voce cambierà radicalmente il modo in cui intendiamo l'advertising oggi, e potrebbe compromettere chi non si farà trovare preparato, Google compresa

“…one thing that we are all clear about is the days of three top text ads followed by ten organic results is a thing of the past in the voice first world"— Sridhar Ramaswamy, Google Senior Vice president of advertising and commerce, November 29, 2016 Non serve la sfera di cristallo per prevedere che, ancora una volta, siamo a ridosso dell’ennesima rivoluzione. Durante una call con gli investitori, avvenuta lo scorso Novembre, il sopra citato Shidhar ha espresso chiaramente che Google sta trasformando il proprio modello di business seguendo quello che è la nuova attitudine dell’utente: parlare con le macchine. Mi permetto di scrivere subito un inciso per fugare un dubbio che nasce spontaneo: la ricerca via schermo non scomparirà mai del tutto. Tante sono le situazioni in cui, per motivi di comodità e di privacy, non si può usare la voce per compiere le ricerche on-line, ma è indiscutibile che l’utilizzo della voce, come dimostrato dal grafico, stia divorando enormi quote di mercato. Il fenomeno è molto importante per moltissime aziende che lavorano nel panorama digitale, ma soprattutto per BigG che ad oggi monetizza circa 50 Miliardi di dollari con la cara e mai vecchia, fino ad ora, Search Advertising. Giusto per contestualizzare, la prossima generazione, non crescerà guardando Supercar; crescerà guidandone una e gli basterà pronunciare durante la guida “portami al cinema a vedere Star Wars Rogue 5, ma solo se ne vale la pena”. La ricerca “vecchio stile” - cercando il trailer, i giudizi e chiedendo sul gruppo di WhatsApp pareri agli amici- non esisterà più. AI, AI e ancora AI. Anche la rivoluzione della voce arriva da quello che è la madre di tutte le rivoluzioni del nostro secolo. L’intelligenza artificiale rende possibile dialogare con una macchina, grazie alla voce, in modo naturale. Vi sarete resi conto tutti, che parlando con Siri o a Google Assistant, gli errori di riconoscimento vocale sono sempre più rari. Quando gli errori tenderanno allo zero e la macchina riuscirà a interpretare cosa vogliamo esprimere meglio della nostra mamma, vivremo un completo mutamento anche nella ricerca online. E Google vuole farsi trovare pronto. Per approfondire le ragioni del passaggio a un modello vocale, cito un estratto, tratto da un testo di Brian Roemmele, che ha studiato il fenomeno per 30 anni, intitolato “There is A Revolution Ahead and It Has A Voice”: Voice based interactions have three advantages over current systems: 1-Voice is an ambient medium rather than an intentional one (typing, clicking, etc). Visual activity requires singular focused attention (a cognitive load) while speech allows us to do something else. 2-Voice is descriptive rather than referential. When we speak, we describe objects in terms of their roles and attributes. Most of our interactions with computers are referential. 3-Voice requires more modest physical resources. Voice based interaction can be scaled down to much smaller and much cheaper form-factors than visual or manual modalities. First device. The Voice First paradigm will allow us to eliminate many, if not all, of these steps with just a simple question. This process can be broken out to 3 basic conceptual modes of voice interface operations: Does Things For You – Task completion: – Multiple Criteria Vertical and Horizontal searches – On the fly combining of multiple information sources – Real-time editing of information based on dynamic criteria – Integrated endpoints, like ticket purchases, etc. Understands What You Say – Conversational intent: – Location context – Time context – Task context – Dialog context Understands To Know You – Learns and acts on personal information: – Who are your friends – Where do you live – What is your age – What do you like Ma come cambierà quindi la pubblicità? Supponiamo di chiedere al nostro assistente vocale dove poter vedere Rogue One e che questo cominci a elencarci 3 sponsored voice, riproponendo il modello delle ricerca su schermo. Vi sembra possibile? A me no. Probabilmente nessuno sarebbe disposto a sorbirsi 30 secondi di interruzione mentre sta dialogando con una assistente che sia questi umano o robotico. Il modello che nascerà probabilmente non avrà nulla in comune con quello a cui siamo abituati oggi. Nel modello Voice First, non esisterà la pubblicità come la conosciamo e nemmeno un modello di pagamento che preveda un carrello. A questo punto, farei entrare in scena il secondo protagonista del mio articolo: Amazon. Amazon ha recentemente avuto una bambina che si chiama Alexa. Alexa vive nel cloud di Amazon che, grazie al supporto fisico che viene chiamato Echo, arriva fino ai nostri salotti. Ora, seguitemi attentamente su questo punto: Amazon è the King of Ecommerce, crea il Dash Button, crea un Cloud con annessa un’intelligenza artificiale (Alexa) e un dispositivo fisico che consente di comunicare con Alexa anche mentre si sta in casa a fare altro. Collegando i puntini possiamo provare a ricostruire quella che è la vision di Amazon e quella che potrebbe essere la risposta più vicina ad un modello di acquisto dell’advertising voice first. Mi spiego meglio: non potendo applicare un modello di Advertising come noi lo conosciamo, Amazon sta tentando di far coincidere il “Voice Commerce” con il “Voice Payment” dove il processo d’acquisto prevede l’espressione vocale di un bisogno da parte dell’utente e una voce che gli propone le alternative più adatte alle sue aspettative. Compiuta la scelta, si esprime la volontà di acquistare l’oggetto, sempre a voce. In questo caso, verrebbe riconosciuta la fee per la contribuzione che il sistema vocale ha generato. Possiamo concludere quindi che Google ha il vantaggio di avere una molteplicità di touchpoints sui quali gli utenti possono compiere le ricerche ma che Amazon è l’unico player al momento che riesce direttamente a consentire tutto il processo, inclusa la delivery. E si sa, nell’ad-tech, non si può star tranquilli un minuto. Uno scenario di questo tipo comprometterebbe circa il 50% dell’attuale fatturato di BigG derivante dalla search e display tradizionale, il quale però, dal canto suo, ha costruito nel tempo un’infrastruttura tecnologica che fa pensare che non si farà trovare impreparato da questa ennesima rivoluzione. Viviamo in un tempo dove la tecnologia sta rivoluzionando la nostra vita privata e lavorativa. La voice revolution avrà anche un enorme impatto su quello che siamo abituati a conoscere come internet advertising. Ah, ultima cosa, il CV non serve mandarlo, sapranno già chi sei…

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