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06/07/2016
di Cosimo Vestito

Il Programmatic native di Sharethrough arriva in Italia. La piattaforma è integrabile con le maggiori DSP

La piattaforma arriva in Italia grazie ad un accordo esclusivo con Prime Real Time, la società specializzata in Programmatic del Gruppo Triboo Media, e fornirà agli editori strumenti volti all’ingegnerizzazione, erogazione e gestione della vendita di formati contestuali, in particolare contenuti sponsorizzati e in-feed

A più di due mesi dell’annuncio ufficiale sull’accordo con Prime Real Time, avvenuto alla fine di aprile (leggi qui l’articolo dedicato), Sharethrough ha presentato al mercato italiano la sua soluzione dedicata alla pubblicità nativa. Sharethrough è la più grande piattaforma tecnologica indipendente focalizzata sul native advertising (e in particolare sui formati in-feed) negli Stati Uniti. Nel 2015 la società ha generato un giro d’affari di oltre 100 milioni di dollari con una quota di mercato superiore al 50%. L’approdo nel nostro paese è stato possibile proprio grazie all’intesa stretta con la piattaforma di real time bidding del gruppo Triboo Media, che ha ottenuto il ruolo di distributrice esclusiva del prodotto. Uno strumento pensato e progettato per fornire agli editori strumenti volti all’ingegnerizzazione, erogazione e gestione della vendita di formati contestuali, in particolare contenuti sponsorizzati e in-feed. Gli scambi sono effettuabili attraverso quattro modalità di vendita: diretta, in private marketplace, programmatic e network. La tecnologia consente anche di utilizzare al suo interno molteplici DSP; AppNexus e The Trade Desk sono quelle già disponibili in Italia ma, ha rivelato Chris Quigley, Managing Director EMEA di Sharethrough, sono in corso di definizione ulteriori integrazioni con MediaMath, DoubleClick Bid Manager, AdForm e Turn. «Non bisogna pensare che in Italia non ci sia mercato per il native, basti pensare, ad esempio, agli elevati investimenti attuati sui canali di Facebook. L’obiettivo di Sharethrough, attraverso Prime Real Time, è proprio quello di attrezzare gli operatori per fare concorrenza all’offerta dei social network; dobbiamo dirottare parte di questi introiti a favore degli editori», ha commentato Cristina Pianura, Managing Director per l’Italia di Prime Real Time, «In primo luogo, abbiamo cominciato a testare la tecnologia sui siti nel portafoglio di Prime Real Time, sono circa venti siti premium, e al momento siamo in contatto con diversi editori per proporre la nostra soluzione; il responso si sta dimostrando positivo», ha concluso Pianura, intervenuta a maggio allo Showcase "Going Native". Il native advertising si sta imponendo come una delle forme pubblicitarie di maggiore interesse tra gli operatori dell’industria digitale. Secondo quanto esposto da Quigley nel corso del suo intervento, i formati contestuali sono in grado di raggiungere livelli maggiori di coinvolgimento e un più alto tasso click-through rispetto ai formati tradizionali a schermo. Alcune ricerche condotte da Sharethough hanno inoltre registrato che la pubblicità nativa riceve un’attenzione visiva doppia rispetto alle altre tipologie di annuncio e, nel caso di formati con testo, è oggetto di una effettiva lettura da parte degli utenti. In più, la pubblicità nativa sembrerebbe più tollerata dagli utenti e quindi meno soggetta ai blocchi pubblicitari (leggi l'articolo dedicato). Ulteriori segnali dell’attenzione che il mercato sta dedicando al tema provengono proprio dal settore dell’editoria. The Guardian, il quotidiano d’informazione inglese, ha infatti avviato The Guardian Labs, un’unità interna dedicata proprio allo sviluppo del native che impiega nel suo organico oltre cento persone. Un altro caso è osservabile otre oceano: la divisione T Brand Studio del New York Times, specializzata in questi formati, ha totalizzato ricavi pari a 35 milioni di dollari.

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