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08/06/2017
di Alessandra La Rosa

Sara Buluggiu, Rubicon Project: «Trasparenza nel Programmatic? Puntiamo sull'open source»

Secondo la manager, la condivisione dei codici fa sì che ciascuno possa assistere alle meccaniche dell’asta e vedere come funzionano, rendendo il sistema di aggiudicazione delle impression più equo

Qualche settimana fa, Rubicon Project, insieme ad altri player del mondo ad tech come AppNexus, Facebook e PubMatic, ha annunciato il lancio di un consorzio per promuovere la trasparenza nel Programmatic: un progetto open source volto a migliorare l’informazione e gli standard nella compravendita automatizzata. I dettagli di come funzionerà non sono ancora stati resi noti, ma quel che si sa è che questo consorzio dovrebbe contribuire a regolare il codice, svelare le meccaniche delle aste e come esattamente vincono i partecipanti, offrire standard universali di implementazione e condividere informazioni sui cosiddetti “cattivi attori”. Insomma, rispondere in maniera proattiva a molte delle preoccupazioni del mercato – lato acquisto e lato vendita – sulla poca limpidezza dell’ambiente programmatico. Abbiamo chiesto a Sara Buluggiu, Managing Director Italia, Spagna e MENA di Rubicon Project, cosa ne pensa del tema trasparenza, e se l’open source secondo lei è la chiave di volta per rendere il mercato programmatico meno “opaco”. «Se si vuole far crescere in maniera sana il mercato e portare benefici sia agli editori che agli utenti, la parola d’ordine è “trasparenza”, sia nell’allocazione delle impression sia nella reale costruzione dei prezzi - ci ha spiegato -. E attualmente lo scenario in cui avviene l’aggiudicazione delle impression non è trasparente. Ci sono quattro metodi diversi, infatti, per gli editori per organizzare la propria inventory nell'ad-server e ad eccezione di uno, hanno tutti il difetto di non garantire una giusta remunerazione all’editore o di essere in qualche modo poco “trasparenti”». La manager ce li ha elencati: «Il primo è quello tradizionale a cascata, un metodo sequenziale che però non è vantaggioso per le SSP e non garantisce agli editori una buona monetizzazione. Il secondo è quello dell’header bidding proprietario delle SSP, che tuttavia non è trasparente per gli editori perché chi assegna l’asta e chi la indice è la stessa entità, ossia la piattaforma di vendita. Poi c’è l’EBDA (Exchange Bidding Dynamic Allocation), l’alternativa di Google all’header bidding, che essendo una tecnologia proprietaria di una determinata società, anch’essa non risulta completamente trasparente. L’ultimo metodo, l’unico che secondo noi può allo stesso tempo garantire agli editori monetizzazione delle impression e trasparenza dei processi di aggiudicazione, è quello della tecnologia open source prebid, in cui non c’è un unico garante della limpidezza dell’asta, ma tutti possono esserlo». «La condivisione del codice infatti fa sì che ciascuno possa assistere alle meccaniche dell’asta e vedere come funzionano, il che – conclude Buluggiu – contribuisce a rendere il sistema molto più equo».

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