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29/03/2018
di Cosimo Vestito

Il programmatic arriva a valere 63,4 miliardi di dollari, ma crescono i timori dell'industria

L'ultima edizione del Global Ad Trends di Warc si concentra sulle minacce all'ecosistema digitale: dalla trasparenza della filiera alla "tassa tecnologica", dalle frodi pubblicitarie alla viewability degli annunci

Continua a crescere l'automatizzazione in ambito pubblicitario ma, con essa, anche le preoccupazioni degli operatori. Il Global Ad Trends di Warc stima che lo scorso anno, nel mondo, sono stati spesi 63,4 miliardi di dollari di dollari in programmatic, anche se, d'altra parte, mette in evidenza le minacce che incombono sull'ecosistema, quali la trasparenza della filiera, la gestione della reputazione, le frodi, la qualità dei media e la viewability. Il rapporto rilasciato dall'organo ha inoltre calcolato che solo 17,8 miliardi (28%) potrebbe aver effettivamente raggiunto “media funzionanti”, assumendo un tasso di frode del 30%. Oltre la metà dei marketer senior intervistati dal CMO Council ha sottolineato i rischi derivanti dai social media e dalla gestione della reputazione online. Uno su tre ha indicato le frodi pubblicitarie, la scorretta collocazione degli annunci e la viewability, mentre un quarto ha citato la trasparenza dell’acquisto media.

Trasparenze e "tassa tecnologica", i dati di Warc

Se i professionisti riconoscono universalmente che le tecnologie di automatizzazione hanno accresciuto l'efficienza delle transazioni pubblicitarie, hanno osservati che queste, in alcune circostanze, hanno finito per assorbire, in misure differenti, parte degli investimenti dei marchi. La World Federation of Advertisers (WFA) ritiene che il 55% degli investimenti costituisca proprio ciò che alcuni hanno soprannominato “tassa tecnologica”, ossia il danaro speso nei trading desk, demand-side platform, ad exchange e servizi di dati, targeting e verifica. Se l’ammontare di questa “tassa” varia tra mercati, agenzie e offerte tecnologiche, le ricadute economiche sono allineate con le stime, cioè 34,9 miliardi di dollari.

Collocazione degli annunci e reputazione online

Laddove i marketer utilizzino frequentemente modalità di scambio aperte per acquistare spazi, il controllo sul posizionamento dei messaggi può ridursi o addirittura annullarsi. Il 43% dei marketer senior afferma di aver già avuto problemi di reputazione dopo che i propri annunci pubblicitari erano apparsi vicino a contenuti sgradevoli. Come conseguenza, quasi due su cinque (37%) hanno già ritirato quelle inserzioni o intendono ritirarle. Lato consumatore, uno su cinque persone (19,5%) afferma che intraprenderebbe una qualche forma di azione diretta contro i marchi se la pubblicità apparisse affianco a contenuti sgradevoli, boicottando il marchio (10,5%) o parlandone apertamente (9%). La scorretta collocazione degli annunci, che può verificarsi in cui le creatività sia erogata anche in contesti media di scarsa qualità, varia significativamente a seconda del mercato, del formato e della tipologia d’acquisto. Il rischio medio per la display desktop su undici mercati maggiori è calcolato al 6,9%. Il rischio è più alto nelle Americhe. I dati di Warc mostrano che, per la seconda metà del 2017, i pericoli per i marchi sono stati più alti quando l’annuncio è acquistato programmaticamente, in particolare nel caso del formato video.

Il pericolo delle frodi pubblicitarie

L’Association of National Advertisers (ANA) stima che lo scorso anno sono stati persi in frodi pubblicitarie circa 6,5 miliardi nel mondo. Gli sprechi avrebbero potuto ridursi a 700 milioni se l’intera industria avesse aderito alle linee guida di sicurezza. I tassi di frode per la desktop display variano da mercato a mercato: in Italia si registra il 16,1%, in Germania il 15,9%, in Francia il 14,6%, negli Stati Uniti l’11,3%, in Giappone l’8,4%, in Regno Unito l’8,3%, in Australia il 7,7% e 3% in Spagna. Oltre alle impressioni fasulle, sono parecchio diffusi i click non umani. I dati mostrano che circa tre su quattro click su annunci 300x600 half page acquistati programmaticamente sono fraudolenti. In media, uno su tre click fatti su annunci programmatici, indipendentemente da dimensioni e piattaforme, è fraudolento. Da qualche anno, l'industria nella sua interezza si sta attivando per implementare parametri e soluzioni per contrastare il fenomeno, come l'ads.txt, sempre più utilizzato dagli editori digitali.

La questione della viewability

Gli annunci acquistati programmaticamente hanno prestazioni sotto la media in termini di viewability rispetto gli standard del Media Rating Council. In media, registra la ricerca di Warc che circa la metà (46%) degli annunci programmatici non è viewable. E anche se l’annuncio è viewable, è poco probabile che sia visto. Global Ad Trend mostra che solo uno su quattro annunci (23%) display desktop definiti viewable dal MRC è effettivamente visto, e solo il 4% degli annunci misurati è visto per oltre un secondo. Al fine di offrire maggiori trasparenza e garanzie agli inserzionisti, l'organo starebbe considerando di rendere ancora più stringenti i parametri di viewability, portando la percentuale di pixel visibili di un banner o un video dal 50% al 100%.

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