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01/07/2016
di Alessandra La Rosa

Programmatic TV, gli approcci (contrastanti) dei due principali broadcaster italiani

Se Publitalia ha sviluppato una roadmap in tre punti finalizzata allo sviluppo dell'automated buying sulle reti Mediaset, l'a.d. di Rai Pubblicità Fabrizio Piscopo ha dichiarato che al momento il Programmatic Tv non è nei piani della concessionaria

Prendere l’esperienza del Programmatic buying sui mezzi digitali, e importarla sugli schermi tradizionali della tv: una possibilità a cui parte del mercato guarda con interesse e che in certi Paesi inizia ad essere una possibilità concreta: negli Usa, secondo stime di eMarketer, già quest’anno la spesa in Tv programmatica crescerà del 127,8% a 710 milioni di dollari e nel 2018 si stima raggiungerà i 4,4 miliardi di dollari. Ma come può una piattaforma di compravendita automatizzata essere applicata a un mezzo "offline" come la tv? Il primo passo è quello di connetterla alla rete: la condizione alla base del Programmatic tv è infatti che è che il bacino televisivo in questione sia “addressable”, ossia che la trasmissione passi attraverso dispositivi “indirizzabili” dall’operatore. Non per nulla, il mercato del Programmatic TV si sta sviluppando a partire da quei Paesi, come appunto gli Stati Uniti, ma anche l’Australia, dove per motivi storici, geografici e culturali la tv via cavo è storicamente più sviluppata. Ora però, con la diffusione delle smart tv e in generale dell’offerta televisiva via internet si aprono nuove prospettive, tutte comunque ancora da verificare in relazione alla maturità e alla spinta verso l'innovazione dei singoli mercati. Secondo Phil Duffield, capo dell’advertising di AOL, uno dei player maggiormente impegnati allo sviluppo del mercato del video adv online in chiave tecnologica, il Programmatic tv è «inevitabile», ma anche «estremamente complesso», e «richiede del tempo per essere portato a termine nella maniera più profittevole per aziende e broadcaster». Occorre ricordare, a questo proposito, come il mercato del Programmatic adv nel nostro Paese dovrebbe arrivare a valere qualcosa come 300 milioni di euro quest’anno, quindi meno di un centesimo rispetto ai 3,65 miliardi di euro in pubblicità raccolti nel 2015 dalla tv con logiche di mercato molto “tradizionali” e caratterizzate da forte concentrazione. In quest'ambito, un fuga verso il programmatic potrebbe suonare prematura, e addirittura confondere i clienti, già alle prese con uno scenario dei media in rapida evoluzione in cui la tv appare come una solida certezza. Fatta questa premessa, come si stanno muovendo i due principali broadcaster italiani su questo terreno?

La Rai: «Relazione one-to-one con i clienti»

«Il Programmatic TV? Non ci interessa, lo lasciamo ad altri». Con una dichiarazione che è suonata a metà tra battuta e dichiarazione d'intenti, Fabrizio Piscopo, AD di Rai Pubblicità, ha chiarito che nei piani della tv pubblica non c'è l'intenzione di sviluppare un'offerta pubblicitaria assimilabile al programmatic, almeno nel prossimo futuro. Per l'a.d. di Rai Pubblicità, intervistato a margine della recente presentazione dei palinstesti Rai, il motivo di questa posizione è principalmente uno, ossia proteggere l'attuale modello diretto di relazione con gli spender pubblicitari: «Per noi – ha sottolineato – la relazione con il cliente è one-to-one, preferiamo seguire ognuno di loro in modo individuale e dedicato». Niente avversione nei confronti della tecnologia, dunque, e del resto la voglia da parte di Rai di cavalcare le innovazioni tecnologiche è testimoniata da recenti avvenimenti come il lancio di Open Square, una piattaforma web (accessibile anche da smartphone e tablet), che consente agli utenti di entrare, consultare l’offerta nel dettaglio, prenotare spazi e avere immediatamente tutte le informazioni utili alla pianificazione (qui il nostro articolo dedicato). Iniziativa che a detta di Piscopo sta andando molto bene: «L’obiettivo è rendere più agevole la vita dei centri media. I test sono andati benissimo e Open Square è già stata usata da Mediacom per pianificare due campagne». D’altra parte, se il Programmatic non è nei progetti di Rai a livello televisivo (per il momento) ciò non toglie che faccia invece parte della strategia sul fronte online, almeno per quanto riguarda la display adv. Dallo scorso settembre, Rai vende in Programmatic parte dell'inventory delle sue property web e mobile attraverso la piattaforma di Rubicon Project e, dopo un'iniziale limitazione dell'offerta all'open auction, ha iniziato a gennaio a vendere spot in private deal, forte della sua offerta di contenuti premium.

Mediaset, una road map in tre tappe

Più agressivo appare invece l’approccio al fronte programmatic da parte di Publitalia/Mediaset. Recentemente infatti l’a.d. di Publitalia Stefano Sala ha parlato di quella che sarà la strategia di approccio della concessionaria al Programmatic Tv (qui il nostro articolo dedicato). La concessionaria ha elaborato una roadmap che ruota intorno a tre parole chiave: Automatic, Addressable e Programmatic, appunto. E se su quest'ultimo punto Sala ha ammesso che i tempi saranno ancora lunghi, tuttavia dalle sue parole l'intenzione di approcciare il data-driven è apparsa chiara: «L’attivazione di un sistema in grado di gestire almeno una parte di inventory attraverso una piattaforma con caratteristiche programmatiche assimilabili a quelle dell’online è nei nostri piani - ha detto Sala -. Prima però vogliamo imparare dall’esperienza della Rete, dove già oggi il 15% della nostra inventory viene venduta in programmatic». Ad ogni modo, lo sviluppo di offerte programmatiche, o almeno di segmentazioni più evolute rispetto agli attuali modelli potrebbero essere favorite, dal prossimo anno, dall’arrivo sul mercato del nuovo protocollo di trasmissione Hybrid Broadcast Broadband TV, un nuovo standard industriale per la televisione digitale ibrida che ha lo scopo di armonizzare la trasmissione tradizionale, l’IPTV e i contenuti di intrattenimento a banda larga con le TV collegate a internet. Lo standard, già diffuso in alcuni Paesi, dovrà essere adottato in tutta Europa nel 2017, dando senza dubbio una spinta al rapporto tra tecnologia e tv in chiave anche pubblicitaria.

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