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28/07/2016
di Alessandra La Rosa

«Il Programmatic porta benefici, ma il mercato italiano non li ha ancora compresi appieno». La visione di Nexive

Maria Laura Cantarelli, Public Affairs & Corporate Communication Director, ci illustra la strategia data-driven dell'azienda e ci spiega quali sono, secondo lei, le principali barriere all'adozione dell'ad-tech da parte dei marketer

Fare retargeting e prospecting di nuovi utenti, grazie a un mix di dati provenienti da più fonti. Così Nexive utilizza il Programmatic, attraverso la piattaforma Cadreon del suo centro media UM. Maria Laura Cantarelli, Public Affairs & Corporate Communication Director dell'azienda, ha condiviso con Programmatic Italia i particolari di questa strategia, ma anche la sua personale opinione su un settore di cui il mercato italiano non sembra aver ancora compreso appieno i benefici, complici alcuni "limiti" ancora da risolvere. In linea generale, in che modo e con quali obiettivi usate il Programmatic? «Alla base della nostra strategia di investire nel Programmatic Advertising risiede la consapevolezza della possibilità di indirizzare la pubblicità su target molto specifici, attraverso l’utilizzo di un mix di dati provenienti da più fonti. In Nexive abbiamo adottato la piattaforma Cadreon, trading desk proprietario del nostro centro media UM che ci permette di raggiungere esclusivamente i contatti corrispondenti al target da noi selezionato, individuati sulla base dei profili di navigazione e dei dati dichiarati dagli utenti. Questa piattaforma consente di mostrare i prodotti Nexive al nostro target di riferimento intercettandolo in ambienti controllati e rilevanti, consentendoci di conseguenza di massimizzare l’efficienza della pianificazione e di ottimizzare i costi». Ci sono degli aspetti dell’”ecosistema” del Programmatic che secondo voi andrebbero cambiati o migliorati? «In generale, il mercato italiano non ha ancora compreso appieno i benefici del Programmatic Buying, che viene considerato un mezzo e non una vera e propria strategia di planning, buying e delivery. È dunque necessario, in primo luogo, uno sforzo da parte degli “addetti ai lavori” in grado di rendere l’ecosistema Programmatic intelligibile; in tal senso è stato per noi fondamentale avvalerci dell’expertise del nostro centro media UM che ci ha supportato nella definizione strategica del corretto media mix a sostegno della nostra nuova campagna pubblicitaria. In secondo luogo, tra le principali barriere alla sua adozione, c’è un problema di risorse professionali: la principale difficoltà infatti è la carenza di persone con le giuste competenze ed esperienza. Non dimentichiamo, infine, i dati, che sono fondamentali per la profilazione. I cookies di terze parti, sebbene in aumento in termini sia qualitativi sia quantitativi, non sono ancora sempre all’altezza rispetto al desiderio di colpire alcune audience ben profilate». Di quali tipologie di dati vi avvalete a supporto delle vostre strategie programmatiche? Quali “funzionano” meglio? «Il target delle nostre campagne di comunicazione è prevalentemente B2B, di cui in generale il mercato dell’advertising italiano e internazionale hanno scarsa disponibilità. La situazione sta comunque migliorando grazie alla presenza di data provider che offrono non solo dati behavioural, quelli basati sul comportamento di navigazione, ma anche deterministici che sono per definizione più precisi. La combinazione di queste tipologie di dati con alcune tattiche avanzate di profilazione, quali ad esempio quella del keyword contextual targeting, garantisce una sempre maggiore precisione derivante da una minor dispersione di impression su utenti potenzialmente non a target. Nello specifico, utilizziamo il Programmatic Buying per 2 tipi di attività: il Retargeting su tutta la audience delle attività fatte in reservation e su tutti gli utenti che hanno già visitato il sito o solo alcune sezioni di esso in funzione dei volumi di traffico e il Prospecting di nuovi utenti con comportamenti di navigazione affini ai temi trattati grazie all’utilizzo di dati di terze parti». Come vi state organizzando, internamente, per affrontare le sfide del Programmatic? «In uno scenario come quello attuale, diventa centrale il lavoro sui dati sia da parte delle aziende che avranno necessità di avvalersi della collaborazione di nuove figure professionali, i cosiddetti data scientist, sia da parte dei player specializzati che per rimanere competitivi sul mercato dovranno lavorare per migliorare la qualità delle informazioni sui target raggiungibili. Ecco che, in questo contesto, l’esperienza e le competenze del team marketing di Nexive diventano sempre più strategiche per definire obiettivi chiari, individuare il target, progettare creatività coerenti con il proprio messaggio, individuarne il posizionamento più efficace e monitorare tempestivamente i risultati, così da intervenire rapidamente con eventuali azioni correttive che consentano alle nostre risorse di massimizzare gli investimenti». Il Programmatic può essere utile anche per campagne di brand, o dà il meglio in relazione a obiettivi di performance?  «Il Programmatic Buying è senz’altro nato per le campagne di performance ma, in generale, può essere funzionale per campagne con obiettivi differenti; bisogna infatti abbandonare la visione a compartimenti stagni, l’obiettivo è sempre unico: comunicare il brand. Grazie al Programmatic Buying ogni campagna quindi è di performance. Anche per le campagne di pura Brand Awareness, il Programmatic Buying garantisce la possibilità di monitorare e ottimizzare in tempo reale molteplici KPI quali la viewability, il CTR, il costo per completed view, l’importante è definire a priori la gerarchia dei KPI per ottimizzare quanto pianificato. Anche noi per la nostra ultima campagna, “Passa a Nexive. Consegniamo il futuro” abbiamo deciso di avvalerci del programmatic buying con il preciso intento di alzare i livelli di brand awareness e favorire il posizionamento dell’immagine aziendale». Alla luce dell’attuale scenario della comunicazione online, quali sono oggi le maggiori sfide di marketing per voi e i vostri competitor? «La tecnologia sta rivoluzionando la società in cui viviamo, abilitando connessioni e modificando comportamenti con una velocità prima d’ora impensabile, con un impatto sui mezzi di comunicazione senza precedenti. Questa crescente complessità, generata da una molteplicità di strumenti, contenuti e formati, esige una pianificazione più strategica per sviluppare piani di crescita per i Brand efficaci e sta sfidando i professionisti del Marketing che sono chiamati a uno sforzo maggiore di comprensione, selezione, senso delle priorità e investimenti. Un compito sempre più arduo, considerata la numerosità di leve disponibili, la velocità decisionale richiesta dal nuovo scenario, le “competenze” necessarie alle strutture aziendali per sviluppare ed implementare piani di business integrati ed efficaci». Che tipo di evoluzione futura vi aspettate per il marketing digitale? «Mobile, video e big data sono i trend che stanno rivoluzionando il marketing digitale in termini di mezzi, formati e modalità per raggiungere il proprio target di riferimento. I mercati più evoluti dei nostri, quali Australia, Stati Uniti e Regno Unito, ci insegnano infatti che il futuro immediato vedrà un uso sempre più massiccio dei big data a supporto dell’adv, grazie a un incremento della disponibilità stessa di dati di qualità dovuto allo sviluppo di player specializzati in questo ambito come ad esempio le DMP – Data Management Platform, del mobile, già oggi sempre più integrato nella vita privata e professionale delle persone e quindi mezzo ormai imprescindibile per le aziende che vogliono far conoscere il proprio brand e raggiungere il proprio target di riferimento e del video, formato che più di ogni altro è in grado di coinvolgere l’utente attraverso un’esperienza ad alto valore aggiunto, che crea engagement e accresce la fidelizzazione».

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