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26/07/2016
di Teresa Nappi

In Europa DMP in ascesa: entro il 2018 il 92% delle società ne utilizzerà una

In Italia il mercato è ancora giovane: il 55% del campione di professionisti intervistato nel nostro Paese dichiara di avere una piattaforma per i dati operativa da meno di un anno. A rivelarlo una ricerca di ExchangeWire Research e Weborama

Entro il 2018 il 92% delle società (publisher, agenzie media e inserzionisti) in Europa implementerà una DMP. A rivelarlo è il report “State of the European Data Management Platform market: media usage already mature, but the evolution is not complete”, realizzato da ExchangeWire Research in collaborazione con Weborama che Engage e Programmatic Italia pubblicano in esclusiva per il mercato italiano. L’analisi, nello specifico, rivela che oggi sono più del 68% le società (publisher, agenzie media e inserzionisti) che dichiarano di averne implementata una. Un numero, come già anticipato, destinato a salire in pochi anni.   Opinione condivisa tra il campione di professionisti del marketing digitale coinvolto nella ricerca (360 tra Regno Unito, Italia, Spagna, Francia) è che una DMP sia da considerare uno dei motori alla base del miglioramento nell’efficienza del media buying in termini sia di tempo sia di costi.

Cosa spinge all’adozione di una DMP

Le revenue e l’efficienza sono i fattori chiave che spingono all’adozione di una Data Management Platform. Le DMP si sono imposte velocemente come tecnologia imprescindibile, soprattutto per le organizzazioni basate sulla pubblicità, come gli editori (il 76% le utilizza) e i trading desk (il 75% le utilizza) che usano le DMP per creare nuovi flussi di introiti a partire dai dati, e per adempiere alla promessa del “messaggio giusto, al momento giusto, al pubblico giusto”. Questi sono stati i motori alla base della diffusione tra i publisher di questa tecnologia relativamente nuova negli ultimi due anni. Per quanto riguarda i brand/advertiser, c’è stata un’impennata nell’utilizzo tra il 2011 e il 2013 (il 43% dei brand con una DMP riporta di essere stato attivo per più di 24 mesi), seguita da un periodo di calma durante il 2014 e il 2015 e una recente tendenza all’adozione (43%) negli ultimi 12 mesi. È probabile che i brand compresi nella categoria di coloro che hanno iniziato presto a utilizzare una DMP (più di due anni) siano i maggiori investitori in termini di budget pubblicitario, ossia FMCG, assicurazioni e banche e i comparatori di prezzi di viaggi. Queste aziende sono sedute su grosse quantità di dati e ciò significa che c’è un beneficio proporzionalmente ampio nell'utilizzo di una DMP. L’integrazione con l'offerta tecnologica esistente è la priorità più spesso indicata come numero uno o due (17%) tra i criteri di scelta della piattaforma, seguita dal costo (18%) e dalle funzionalità (17%). Le priorità più basse per la selezione sono state il servizio (8%), le referenze/raccomandazioni (10%) e il rapporto precedente (11%).

Integrazione dei dati

I dati più spesso acquisiti dalle DMP sono i dati di navigazione web (87% degli intervistati), seguiti dai dati di CRM (64%). Solo il 43% degli intervistati dichiara di integrare nella propria DMP dati dai social media.  

Il ROI di una DMP

Calcolare il ritorno sugli investimenti (ROI) è complicato, ma la maggioranza degli intervistati (55%) dice di aver calcolato un ROI positivo dalla propria DMP. Inoltre, il giudizio sull’esperienza è positivo (il 90% degli intervistati è “molto” o “alquanto” soddisfatto delle proprie DMP). Un dato incoraggiante è che quasi un quarto (23%) degli intervistati ha detto che la propria DMP non ha alcun limite. Ciò si lega al fatto che il 24% degli intervistati ha detto di essere “molto soddisfatto” dell'attuale DMP.

Cosa impedisce l’implementazione di una DMP

Mancanza di tempo, competenze e supporto impediscono alle organizzazioni di implementare una DMP. Gli AdNetwork sono i più inclini a riportare la mancanza di tempo come barriera (2.3 volte la media europea e il 43% di tutti gli intervistati). I publisher li seguono (1.9 volte la media europea). Tuttavia, per gli editori, la mancanza di competenze/conoscenza era la barriera principale (1.6 volte la media europea, il 45% di tutti gli intervistati). I brand erano più propensi a riportare la mancanza di competenze/conoscenza come barriera (il 36% degli intervistati), seguita da una mancanza di appoggio all’interno dell’organizzazione. I brand erano il gruppo che maggiormente ha indicato la mancanza di un appoggio all’interno dell’organizzazione come barriera. È chiaro che un approccio unico non funziona e non funzionerà per le DMP. Ogni organizzazione ha diverse esigenze per quanto riguarda i dati in base al tipo di attività e alla fase di maturità nell’era digitale. Inoltre, anche l’organizzazione “data-driven” più all’avanguardia non ha completato il percorso e ci aspettiamo che negli anni a venire ci sarà un continuo sviluppo in quest’area.

La situazione in Italia

Dal report apprendiamo alcuni dati chiave sul nostro Paese. Primo nell’ordine è che la maggior parte (55%) degli intervistati in Italia ha rivelato che la propria DMP è operativa da meno di un anno. È la cifra più elevata in questo range temporale rispetto ai paesi analizzati e ciò dimostra che le DMP non sono ancora diffuse in questo paese quanto nel resto d’Europa.   Tra le principali sfide nella realizzazione di una DMP, gli intervistati italiani sono quelli che meno di frequente hanno riportato “mancanza di competenze interne” (1.4 volte in meno rispetto alla media europea, 30%). I “set di dati eterogenei” (1.2 volte in meno rispetto alla media europea, 40%) sono stati la sfida indicata più spesso, insieme a “sostituzione di /integrazione con la tecnologia esistente”; “scarsa cooperazione tra i reparti” (4.6 volte in meno rispetto alla media europea, 10%); “bisogno di consulenza esterna/mancanza di project management” (1.9 volte in meno della media europea, 10%) e “requisiti di legge” (1.2 volte in meno rispetto alla media europea, 25%). Tuttavia, gli intervistati italiani hanno riportato più spesso della media una “mancanza di comprensione da parte della dirigenza” (1.2 volte la media europea, 35%). Davanti a queste evidenze, il report spiega “È possibile che la relativa immaturità del mercato italiano renda le sfide meno apparenti”. Inoltre, il report sottolinea che per le società italiane privacy e sicurezza sono le principali priorità, con il 40% degli intervistati che le ha poste tra i primi due criteri fondamentali su cui basare la selezione di una DMP. Mentre, sempre rispetto alla selezione della soluzione migliore, le “funzionalità della piattaforma” sono state indicate dal 35% degli intervistati. Inoltre, l’Italia è stato il solo Paese in cui “l’integrazione con l’offerta tecnologica esistente” non ha raggiunto i primi tre criteri di selezione. Infine, rispetto al grado di soddisfazione in Europa rispetto alla DMP adottata, gli italiani sono stati i meno inclini a dichiararsi “molto soddisfatti” (11%, circa 2.2 volte meno della media).

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