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04/05/2017
di Alessandra La Rosa

Chi acquista spazi pubblicitari è informato su come tutelare la brand safety?

Secondo una ricerca internazionale, solo un quarto conosce le politiche di sicurezza dei posizionamenti comprati. E per molti, gestire insieme brand safety e programmatic è un problema

Qualche mese fa, il tema della "brand safety" è balzato agli onori delle cronache, dopo lo scandalo delle campagne di alcuni grossi spender apparse inconsapevolmente accanto a contenuti pro-ISIS su YouTube. Un precedente importante, che ha spinto alcuni brand ad abbandonare la piattaforma video di Google, Mountain View a dotarsi di misure di controllo dei contenuti più strette e le agenzie a farsi portavoce di approcci più orientati alla sicurezza dei loro clienti. Quello che è successo, però, ha anche sollevato un'altra questione: quanto ne sa di brand safety chi acquista spazi media? I buyer sono informati sulle misure per la sicurezza degli spazi che acquistano? Apparentemente, non molto. Secondo una ricerca internazionale di Vibrant Media, solo un quarto (il 27%) dei media buyer e planner conosce con sicurezza le misure di brand safety dei posizionamenti acquistati. Il 33% non si sente informato, e il 15% lo è solo parzialmente. E il resto? Non risponde, il che secondo lo studio potrebbe ulteriormente indicare una mancanza di conoscenza sul tema. Ciononostante, quello della brand safety rimane un tema importante per le agenzie media: l'88% degli intervistati ha affermato che è sua priorità assicurare ambienti sicuri ai propri clienti. Circa la metà afferma che conta di chiedere informazioni sulla brand safety durante l'acquisto di pubblicità, e il 73% è d'accordo sul togliere investimenti su quei siti che hanno contenuti non sicuri. E per molti, gestire brand safety e programmatic allo stesso tempo è un problema difficile da gestire. Per tre quarti degli intervistati (il 74,24%) è più difficile assicurare ambienti brand safe se si acquista in modalità automatizzata su open exchange.

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